Il discorso del presidente cubano, Raúl Castro, nella clausura la domenica dell'IX Congresso dell'Unione di Giovani Comunisti nel Palazzo di Convenzioni di L’’Avana il 4 aprile scorso.
Delegati e invitati,
Il nostro è stato un buon Congresso, infatti, lo stesso ha incominciato nell’ottobre dell’anno scorso con le riunioni libere alle quali hanno partecipato centinaia di migliaia di giovani, poi ha continuato con le assemblee di rendiconto delle organizzazioni di base e dei comitati municipali e provinciali, laddove hanno presso forma gli accordi adottati in queste sessioni finali.
Se una cosa è stata abbondante nei più di cinque anni trascorsi dal momento in cui Fidel ha chiuso il VIII Congresso dell’Unione di Giovani Comunisti, in data 5 dicembre 2004, è stato proprio il lavoro e le sfide.
Questo Congresso si tiene in mezzo ad una delle più feroci ed ordite campagne mediatiche contro la Rivoluzione Cubana lungo i suoi 50 anni di vita, tema che, per forza, affronterò più avanti.
Anche se non ho potuto partecipare alle assemblee precongressuali, sono stato, tuttavia, informato in merito. Conosco che si è parlato poco della possibilità di centrarsi nei problemi, guardandosi internamente e senza usare più tempo del necessario per valutare i fattori esterni. Questo è lo stile che deve contraddistinguere permanentemente il lavoro dell’Unione dei Giovani Comunisti, davanti a coloro che si dedicano a cercare la pagliuzza nell’occhio estraneo invece di consacrarsi a quello che gli spetta.
E’ stato soddisfacente ascoltare ai giovani che lavorano nella produzione spiegare con orgoglio e parole semplici il lavoro che svolgono, senza appena menzionare difficoltà materiali e ostacoli burocratici che gli colpiscono.
Molte delle insufficienze esaminate non sono nuove, esse hanno scortato l’organizzazione da molto tempo, a proposito di esse, i congressi precedenti hanno adottato i relativi accordi e tuttavia si ripetono in maggior o minor misura, il che è una dimostrazione dell’insufficiente sistematicità e rigore nel controllo del loro adempimento.
A questo punto occorre ripetere qualcosa sulla quale hanno insistito i compagni Machado e Lazo, che hanno presieduto numerose assemblee: il Partito è anche responsabile d’ogni insufficienza del lavoro dell’Unione dei Giovani Comunisti, soprattutto dei problemi nella politica di quadri.
Non dobbiamo permettere che, ancora una volta, i documenti approvati diventino lettera morta oppure che siano dimenticati nei cassetti a modo di memorie. Loro devono essere la guida per l’azione di tutti i giorni a livello dell'Ufficio Nazionale e dei singoli militanti. La sostanza è stata ormai concordata da voi, e adesso occorre lavorare.
Alcuni sono molto critici nel riferirsi alla gioventù d'oggi e dimenticano che anche loro sono stati una volta dei giovani. Sarebbe illusorio pretendere che i Giovani d’oggi siano come quelli di altre epoche, un saggio adagio dice: gli uomini somigliano di più il loro tempo dei loro genitori.
I giovani cubani sono stati sempre disposti a fare fronte alle sfide e così l’hanno dimostrato nel lavoro per risanare i danni cagionati dagli uragani, nella lotta contro le provocazioni del nemico e nella difesa, potrei menzionare tanti altri.
La media d’età dei delegati al Congresso è di 28 anni, quindi, tutti hanno vissuto gli anni difficili del periodo speciale e hanno partecipato agli sforzi del nostro popolo per preservare i successi del socialismo in mezzo ad una situazione economica molto complessa.
E’ importante che l'avanguardia della gioventù sia al corrente della realtà economica, quindi, la Commissione dell’Ufficio Politico, considerando l’esperienza positiva dell’esame fatto in merito dai Deputati dell’Assemblea Nazionale, ha deciso di fornire alle assemblee municipali dell’Unione dei Giovani Comunisti un’informazione che descrive, con crudezza, la situazione attuale e le prospettive in questa materia, informazione che è stata ricevuta da oltre 30 mila giovani militanti, così come dai principali dirigenti del partito, delle organizzazioni di massa e dirigenti ai diversi livelli.
La battaglia economica è oggi, più che mai, il compito principale ed il centro del lavoro ideologico dei quadri, perché da essa dipende la sostenibilità e la preservazione del nostro sistema sociale.
Senza un’economia solida e dinamica, senza l’eliminazione delle spese inutili ed lo spreco, non si potrebbe andare avanti nell’elevazione del livello di vita della popolazione, né sarebbe possibile mantenere e affinare gli elevati livelli raggiunti in materia d’istruzione e di salute che gratuitamente sono alla portata di tutti i cittadini.
Senza un’agricoltura solida ed efficiente, sviluppata con le risorse di cui disponiamo, senza sognare con i grande stanziamenti di altri tempi, non possiamo aspirare a sostenere ed elevare l’alimentazione della popolazione, che dipende ancora in grande misura dell’importazioni di prodotti che possono essere fabbricati a Cuba.
Senza che le persone avranno bisogno di lavorare per vivere, tutelate dai regolamenti statali assai paternalisti ed irrazionali, mai incoraggeremo l’amore per il lavoro, né daremo soluzioni all’assenza cronica di lavoratori edili, operai agricoli e industriali, insegnanti, poliziotti ed altri mestieri indispensabili che progressivamente scompaiono.
Senza la conformazione di un fermo e sistematico rifiuto sociale alle illegalità e le diverse manifestazioni di corruzione, continueranno non pochi, arricchiti a costo del sudore della maggioranza, diffondendo attitudini che attaccano direttamente l’essenza del socialismo.
Se manteniamo gli organici gonfiati in quasi tutti gli ambiti del daffare nazionale e paghiamo salari che non corrispondono con i risultati, elevando la massa di denaro in circolazione, non possiamo pensare che i prezzi fermino la loro salita continua, deteriorando il potere d’acquisto della popolazione. Sappiamo che ci sono centinaia di migliaia di lavoratori eccedenti nei settori non autosufficienti ed imprenditoriale; alcuni esperti stimano che l’eccesso di posti di lavori oltrepassa il milione di persone e questo e questa è una questione molto sensibili che dobbiamo affrontare con fermezza e senso politico.
La Rivoluzione non abbandonerà nessuno, lotterà per la creazione delle condizioni perché tutti i cubani abbiano impieghi degni, ma non si tratta che lo Stato si occuperà di sistemare a ciascuno dopo varie offerte di lavoro. I più interessati a trovare un lavoro socialmente utile devono essere i propri cittadini.
Dunque, continuare spendendo al di sopra delle entrate equivale a mangiarci il futuro ed a mettere a rischio la sopravvivenza della propria Rivoluzione.
Affrontiamo realtà per niente piacevole, tuttavia non ne chiudiamo gli occhi. Siamo convinti che occorre rompere dogma e assumiamo con fermezza e fiducia l’aggiornamento, già in moto, del nostro modello economico, allo scopo di gettare la basi dell’irreversibilità e dello sviluppo del socialismo cubano, che sappiamo che costituisce la garanzia dell’indipendenza e della sovranità nazionale.
Non ignoro che alcuni compagni a volti disperano, desiderando cambi immediati in svariate sfere. Naturalmente parlo adesso a coloro che lo fanno senza l’intenzione di prestarsi al gioco del nemico. Siamo consapevoli delle inquietudini che, in linea di massima emanano dall'ignoranza della dimensione del compito che abbiamo di fronte a noi, della profondità e della complessità delle interrelazioni tra i diversi fattori del funzionamento della società che dovranno modificarsi.
Coloro che chiedono di andare avanti più rapidamente, devono tenere presente il rosario di questioni che stiamo studiando, dei quali gli ho menzionato alcuni oggi. Dobbiamo evitare che per fretta o improvvisazione, tentando di dare soluzione ad un problema, si provochi un altro maggiore. Nelle questioni d’importanza strategica per la vita di tutta la nazione, non possiamo lasciarci portare dalle emozioni ed agire senza l’integralità richiesta. E’ questa, come abbiamo già spiegato, l’unica ragione per la quale abbiamo deciso di posticipare alcuni mesi in più la tenuta del Congresso del Partito e la Conferenza Nazionale che lo precederà.
Questa è la maggior e più importante sfida che abbiamo di fronte a noi per assicurare la continuità dell’opera costruita in questi 50 anni e che la nostra gioventù ha assunto con totale responsabilità e convinzione. La parola d’ordine di questo Congresso è “Tutto per la Rivoluzione” e quello significa, innanzitutto, rinforzare e consolidare l’economia nazionale.
La gioventù cubana è richiamata a sostituire la generazione che ha iniziato la Rivoluzione e per condurre la gran forza delle masse ha bisogno di un’avanguardia che persuada e arruoli, a partire dell’autorità che emana dell’esempio personale, capeggiata dai dirigenti fermi, capaci e prestigiosi, veri e propri leader, che abbiano passato per l’insostituibile fucina della classe operaia, in seno alla quale si coltivano i valori più autentici di un rivoluzionario. La vita ci ha dimostrato con eloquenza il pericolo di violare tale principio.
Fidel l’ha espresso chiaramente nella chiusura del Secondo Congresso dell’Unione di Giovani Comunisti, il 4 aprile 1972: e cito:
"Nessuno imparerà a nuotare sulla terra, e nessuno camminerà sul mare. L’ambiente fa l’uomo, la propria vita, la propria attività fanno l'uomo”. E ha concluso:
“Impareremo a rispettare ciò che crea il lavoro, creando. Insegneremo a rispettare quei beni, insegnando a creare tali beni”.
Questa idea, pronunciata 38 anni fa e che sicuramente è stata acclamata a quel congresso, è un’altra prova palese delle questioni che decidiamo e che poi non compiamo.
Oggi più che mai ci occorrono quadri capaci di portare avanti un’opera ideologica effettiva, che non può essere dialogo di sordi né ripetizione meccanica di slogan, dirigente che espongano argomenti solidi, senza prendersi per i padroni assoluti della verità; che sappiano ascoltare, anche se non piacerà ciò che alcuni diranno; che valutino con mente aperta i criteri degli altri, ciò non esclude ribattere con argomenti ed energia quelli che siano inaccettabili.
Fomentare la discussione franca e non vedere nella diversità un problema ma la fonte delle migliori soluzioni. L’unanimità assoluta di solito è fittizia e quindi nociva. La contraddizione, quando è antagonista, come nel nostro caso, è motore dello sviluppo. Dobbiamo sopprimere, con tutta intenzione, tutto quanto alimenterà la simulazione e l'opportunismo. Imparare a affrontare in modo collegiato le opinioni, incoraggiare l’unità e rafforzare la direzione collettiva, sono tratti che devono caratterizzare i futuri dirigenti della Rivoluzione.
Giovani con l’attitudine e la capacità necessarie per assumere i compiti di direzione esistono lungo il paese. La sfida è di scoprirli, formarli e dargli progressivamente maggiore responsabilità. Le masse si occuperanno di confermare che la scelta è stata corretta.
Abbiamo notato che si continua ad andare avanti in quanto alla composizione etnica e il sesso. E’ una strada in cui non possiamo permetterci regressioni né superficialità e nella quale l'Unione di Giovani Comunisti deve lavorare permanentemente. Già che ci siamo, voglio insistere che è un altro degli accordi che abbiamo adottato, in questo caso 35 anni fa in occasione del Primo Congresso del Partito, e la cui realizzazione è stata trasferita dopo alla generazione spontanea e non abbiamo controllato opportunamente, essendo questo uno dei primi pronunciamenti di Fidel spesse volte, dal trionfo della Rivoluzione.
Come vi dicevo all’inizio, la tenuta di questo Congresso avviene contemporaneamente con una gigantesca campagna di discredito contro Cuba, organizzata, diretta e finanziata dai centri del potere imperiale negli Stati Uniti ed Europa, valendosi ipocritamente delle bandiere dei diritti umani.
Si è manipolata con cinismo e impudenza la morte di un condannato a privazione di libertà in 14 cause per delitti comuni, diventato per opera della menzogna ripetuta e il desiderio di ricevere appoggio economico dall'estero, in un “dissidente politico”, che è stato incoraggiato a mantenere uno sciopero di fame con domande assurde.
Malgrado gli sforzi dei nostri medici è deceduto, ciò che deploriamo al suo momento e denunciamo ai soli benefiziari di questo fatto, gli stessi che oggi incoraggiano ad altro individuo a continuare in attitudine simile di ricatto inaccettabile. Questo ultimo, nonostante tanta calunnia, non è in prigione, è una persona rimessa in libertà dopo avere scontato una pena per delitti comuni, particolarmente per aggredire e lesionare una donna, medico e direttrice di un ospedale, alla quale ha anche minacciato di morte, e successivamente ad un’anziana di circa 70 anni, alla quale si è dovuto rimuovere la milza. Così come nel caso precedente, si sta facendo il meglio per salvarle la vita, però se non cambia la sua attitudine autodistruttiva, sarà responsabile, assieme ai suoi sostenitori della fine che neppure desideriamo.
Fa schifo la doppia misura di coloro che in Europa stanno in complice silenzio di fronte alle torture nella cosiddetta guerra contro il terrorismo, che hanno permesso i voli clandestini della CIA che trasferivano prigionieri e che perfino hanno prestato il loro territorio per la creazione di carceri segrete.
Che cosa avrebbero detto se così come loro, avessimo violato le norme etiche e alimentato per forza a queste persone, come si fa solitamente, tra i numerosi centri di tortura, alla Base Navale di Guantánamo. A proposito, sono gli stessi che nei loro paesi, come fa vedere la TV quasi tutti i giorni, si servono della polizia a cavallo per opporsi ai manifestanti, bastonandoli e disperandoli gas lacrimogeni e perfino delle pallottole. Che cosa possiamo dire dei maltratti e umiliazioni che subiscono gli immigranti?
La gran stampa occidentale attacca non solo a Cuba, ma ha inaugurato anche una nuova modalità d’implacabile terrore mediatico contro i leader politici, intellettuali, artisti ed altre personalità che in tutto il pianeta alzano la loro voce contro la fallacia e l’ipocrisia e semplicemente valutano gli svenimenti in modo obiettivo.
Intanto, sembrerebbe che i portavoce della magnificata libertà di stampa hanno dimenticato che il blocco economico e commerciale contro Cuba e tutti i suoi inumani effetti sul nostro popolo, sono in vigore e s’inaspriscono; che l’attuale amministrazione degli Stati Uniti non ha smesso minimamente l’appoggio alla sovversione; che l’ingiusta, discriminatoria e interventista posizione comune dell’Unione Europea, sostenuta nel suo momento dal governo nordamericano e l’estrema destra spagnola, rimane in piede reclamando un cambio di regime nel nostro paese, o anche, la distruzione della Rivoluzione.
Più di mezzo secolo di combattimento permanente ha insegnato al nostro popolo che la vacillazione è sinonimo di sconfitta.
Non cederemo mai al ricatto, da nessun paese o insieme di nazioni anche se sono poderosi, ad ogni costo. Abbiamo il diritto a difenderci. Se quello che vogliono è metterci alle strette, devono sapere che supremo rifugiarci, in primo luogo nella verità e nei principi. Ancora una volta saremo fermi, calmi e pazienti. Ci sono molti gli esempi nella nostra storia!
Così hanno lottato i nostri eroici mambi nelle guerre per l’indipendenza del secolo XIX.
Così abbattemmo l’ultima offensiva di dieci mila soldati della tirannia solidamente armati, fronteggiati inizialmente da appena 200 combattenti ribelle che capeggiati direttamente dal Comandante in Capo Fidel Castro Ruz, durante 75 giorni, dal 24 maggio al 6 agosto 1958, hanno portato avanti più di 100 azioni di combattimento, comprese quattro battaglie in un piccolo territorio di 650 -700 km2, cioè, una superficie minore di quella che occupa la Città di L’Avana. Questa gran Operazione ha deciso il corso della guerra e circa quattro mesi dopo avviene il trionfo della Rivoluzione, ciò che ha motivato il Comandante Ernesto Che Guevara a scrivere nel suo diario di guerra, e cito: “L’esercito di Batista è uscito con la spina dorsale rotta da questa ultima offensiva alla Sierra Maestra”. Fine della citazione.
Non ci intimidì nemmeno la flotta yankee di fronte alle coste di Baia dei Porci nel 1961. Sotto il loro naso annientammo il loro esercito mercenario, quella che ha costituto la prima sconfitta di un’avventura militare degli Stati Uniti in questo continente.
Così l’abbiamo fatto ancora una volta nel 1962 durante la Crisi dei Missili. Neanche un millimetro cediammo di fronte alle brutali minacce di un nemico che ci puntava con le sue armi nucleari e si disponeva invadere l’isola, no l’ha abbiamo fatto neanche qualora, negoziate alle nostre spalle le condizioni per risolvere la crisi, i dirigente dell’Unione Sovietica, il principale alleato in quella difficile situazione e di cui appoggio dipendeva il destino della Rivoluzione, in maniera rispettosa hanno tentato di convincerci per accettare l’ispezione al suolo patrio della raccolta del loro armamento nucleare e gli rispondemmo che di farlo, sarebbe a bordo delle loro navi in acque internazionali, però mai a Cuba.
Siamo sicuri che circostanze peggiori di quelle difficilmente si ripeteranno.
In epoca più recente, il popolo cubano ha dato una prova indimenticabile Della sua capacità di resistenza e fiducia in se stesso quando, come risultato della scomparsa del campo socialista e della disintegrazione dell’Unione Sovietica, Cuba ha subito la caduta del suo Prodotto Interno Lordo nel 35 %, la riduzione del commercio estero nel 85 %, la perdita dei mercati delle loro principali esportazioni, come lo zucchero, il nichel, gli agrumi ed altri, i cui prezzi sono caduti di metà, la scomparta dei crediti in condizioni favorevoli con la consequenziale interruzione di numerosi investimenti vitali come la prima Centrale nucleare e la Raffineria di Cienfuegos, il collasso del trasporto, le costruzioni e l’agricoltura nel sopprimersi all’improvviso la fornitura di ricambi per la tecnica, i fertilizzanti, mangimi e materie prime delle industrie, provocando la penalizzazione di centinaia di fabbriche ed il brusco deterioramento quantitativo e qualitativo dell’alimentazione del nostro popolo al di sotto della soglia di nutrizione raccomandata. Noi tutti abbiamo sofferto quelle calde estati degli anni 90 del secolo scorso, con stacchi d’elettricità di più di 12 ore al giorno a causa della mancanza di carburante per generare elettricità, e nel frattempo, decine di agenzie di stampa occidentali, alcune di loro senza dissimulare la loro gioia, inviavano corrispondenti a Cuba con l’intenzione di essere le prime a informare sulla sconfitta definitiva della Rivoluzione.
In mezzo a questa drammatica situazione, nessuno fu abbandonato alla sua sorte e si evidenziò la forza che emanò dall'unità del popolo, quando si difendono idee giuste ed un'opera costruita con tanto sacrificio. Solo un regime socialista, nonostante le sue insufficienze, è in grado di superare una simile prova.
Non ci tolgono, quindi, il sogno, le attuali scaramucce dell’offensiva della reazione internazionale, coordinata come di solito da coloro che non si rassegnano a capire che questo paese non sarà mai sottomesso, per nessuna via, preferiamo piuttosto scomparire, tal che lo dimostrammo nel 1962.
Soltanto 142 anni fa, il 10 ottobre 1868, ha dato inizio questa Rivoluzione, allora si lottava contro un decadente colonialismo europeo, sempre sotto il boicottaggio del nuovo imperialismo nordamericano che non desiderava la nostra indipendenza, finché il “frutto maturo” cadesse dalla “gravità geografica” nelle sue mani. Così avviene dopo più di 30 anni di guerre e di enormi sacrifici dal popolo cubano.
Adesso gli attori esterni hanno cambiato i loro ruoli. Da più di mezzo secolo fa ci aggredisce ed assedia continuamente l’ormai moderno e poderoso impero del pianeta, valendosi del boicottaggio che implica l'ingiuriosa Posizione Comune, che rimane invariabile grazie alle pressioni di alcuni paesi e forze politiche reazionarie dell'Unione Europea con diversi condizionamenti inaccettabili.
Ci chiediamo perché? e riteniamo che semplicemente, perché in sostanza, gli attori sono sempre gli stessi e non rinunciano alle loro vecchie aspirazioni di dominazione.
I giovani rivoluzionari cubani capiscono perfettamente che per preservare la Rivoluzione ed il Socialismo e continuare degni e liberi, hanno ancora molti anni di lotta e di sacrificio.
Al tempo stesso, sull’umanità pesano ancora colossali sfide che devono affrontare, in primo luogo, i giovani. Si tratta di difendere la sopravvivenza della specie umana, minacciata peri l cambio climatico che accelerato dai modelli irrazionali di produzione e consumo generati dal capitalismo.
Oggi siamo sette miliardi gli abitanti del pianeta. La metà di loro sono poveri, un miliardo e venti milioni patiscono la fame. Giova chiedersi cosa succederà nel 2050, quando la popolazione mondiale sia pari a nove miliardi e siano ancora più deteriorate le condizioni di esistenza sulla Terra.
La farsa con la quale ha finito l’ultimo vértice alla capitale di Danimarca, nel dicembre scorso, è una dimostrazione che il capitalismo con le sue cieche leggi di mercato non risolverà mai questo né tanti altri problemi. Soltanto la coscienza e la mobilitazione dei popoli, la volontà politica dei governi ed il progresso della conoscenza scientifica e tecnologica potranno impedire l’estinzione dell’uomo.
Per finire voglio dire che nell'aprile dell'anno prossimo si compierà mezzo secolo della proclamazione del carattere socialista della Rivoluzione e della schiacciante vittoria sull’invasione a Baia dei Porci. Festeggeremo questo trascendentali evento in tutti gli angoli del paese, da Baracoa dove hanno tentato di sbarcare un battaglione, fino all’estremo occidentale della nazione e alla capitale, faremo una grande Marcia popolare ed una rivista militare, attività nelle quali i protagonisti principali saranno i lavoratori, intellettuali ed i giovani.
Fra poco, il Primo Maggio, il nostro popolo rivoluzionario, lungo il paese, nelle strade e piazze pubbliche che gli appartengono da diritto, darà altra risposta decisiva a questo nuovo aumento delle aggressioni.
Cuba non ha paura della menzogna né si inginocchia davanti a pressioni, condizionamenti o imposizioni, non importa da dove vengano, si difende con la verità, che sempre, prima o poi, s’impone.
Quarantotto anni fa, un giorno come oggi, è nata l'Unione di Giovani Comunisti. Quello storico 4 aprile 1962 Fidel affermò: “Credere ai giovani è vedere in loro, oltre all'entusiasmo, capacità; oltre all'energia, responsabilità, oltre alla gioventù, purezza, eroismo, carattere, volontà, amore alla patria, fede nella patria!, amore alla Rivoluzione, fede nella Rivoluzione, fiducia in se stessi!, convinzione profonda che la gioventù può, che la gioventù è capace, convinzione profonda che sulle spalle della gioventù si possono depositare grandi compiti”, ha concluso.
Ieri è stato così, cosi è oggi e così sarà in futuro.
Vi ringrazio.
martedì 6 aprile 2010
CUBA: un nuovo attacco dall'Unione Europea
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