Servizi di Silvia Tagliabue da CubVideo
Dopo più di due mesi di lotta gli operai dell'Alcoa sbarcano nuovamente a Roma, questa volta per seguire quello che viene definito l'incontro decisivo tra governo, sindacati e proprietà. Si tratta infatti di impedire alla multinazionale americana dell'alluminio di mettere in atto l'annunciata fermata tecnica degli impianti per sei mesi a partire dal 6 febbraio e di evitare l'apertura della procedura di cassa integrazione per tutti i lavoratori.
L'Alcoa sta infatti costruendo dei nuovi impianti in Arabia Saudita e in Sud Africa e lo scorso novembre ha annunciato di voler chiudere i due stabilimenti italiani, quello sardo di Portovesme e quello veneto di Fusina, dopo aver ricevuto dall'Unione Europea una sanzione di 270 milioni di euro per aver goduto di una decennale tariffa scontata dei costi dellenergia. Senza queste agevolazioni la multinazionale ha dichiarato di perdere 8 milioni di euro al mese. Da qui la decisione di andarsene, lasciando a casa 2000 lavoratori.
La verità è che, ancor prima della multa sulle agevolazioni energetiche, l'Alcoa aveva iniziato a disinvestire dagli impianti italiani. Un anno e mezzo fa alla guida dello stabilimento di Portovesme è arrivato Marco Guerrini, che con la sua politica di tagli è stato soprannominato direttore meno 30%.
Il governo ha capito che la situazione in Sardegna sta diventando esplosiva e ha votato un decreto legge che abbasserebbe il costo dell'energia a 30 euro il kilowatora, come richiesto da Alcoa, per le aziende che risiedono in aree geograficamente depresse come la Sardegna e la Sicilia. L'incontro ha lo scopo di indurre Alcoa ad accettare l'offerta e a fare retromarcia dal proposito di fermare gli impianti.
Alle 20.30 è iniziato l'incontro a Palazzo Chigi e il presidio davanti a Montecitorio non smette di farsi sentire.
Intervengono anche le Brigate di solidarietà e i lavoratori dellEutelia a distribuire cibo e coperte.
A mezzanotte non si hanno ancora notizie sulla trattativa e aumenta la tensione tra gli operai che tentano di superare il cordone di polizia.
Sono le tre di notte quando escono i delegati sindacali per riferire dellesito dellincontro: l'Alcoa non ha voluto prendere nessun impegno perché non si fida del decreto legge sullabbattimento dei costi energetici varato dal governo italiano. Vuole essere sicura che venga approvato dall'Unione Europea, che però non si sa con certezza quando si esprimerà in proposito. Il governo allora ha convocato un altro tavolo per l'8 febbraio e ha intimato all'Alcoa di non fermare gli impianti, pena la requisizione degli stabilimenti.
Quando si è trattato di decidere che fare l'esasperazione degli operai si è fatta sentire. La CUB ha sostenuto lipotesi di rientrare subito in possesso degli stabilimenti perché è là il punto di forza di questa lotta.
L'Alcoa sta infatti costruendo dei nuovi impianti in Arabia Saudita e in Sud Africa e lo scorso novembre ha annunciato di voler chiudere i due stabilimenti italiani, quello sardo di Portovesme e quello veneto di Fusina, dopo aver ricevuto dall'Unione Europea una sanzione di 270 milioni di euro per aver goduto di una decennale tariffa scontata dei costi dellenergia. Senza queste agevolazioni la multinazionale ha dichiarato di perdere 8 milioni di euro al mese. Da qui la decisione di andarsene, lasciando a casa 2000 lavoratori.
La verità è che, ancor prima della multa sulle agevolazioni energetiche, l'Alcoa aveva iniziato a disinvestire dagli impianti italiani. Un anno e mezzo fa alla guida dello stabilimento di Portovesme è arrivato Marco Guerrini, che con la sua politica di tagli è stato soprannominato direttore meno 30%.
Il governo ha capito che la situazione in Sardegna sta diventando esplosiva e ha votato un decreto legge che abbasserebbe il costo dell'energia a 30 euro il kilowatora, come richiesto da Alcoa, per le aziende che risiedono in aree geograficamente depresse come la Sardegna e la Sicilia. L'incontro ha lo scopo di indurre Alcoa ad accettare l'offerta e a fare retromarcia dal proposito di fermare gli impianti.
Alle 20.30 è iniziato l'incontro a Palazzo Chigi e il presidio davanti a Montecitorio non smette di farsi sentire.
Intervengono anche le Brigate di solidarietà e i lavoratori dellEutelia a distribuire cibo e coperte.
A mezzanotte non si hanno ancora notizie sulla trattativa e aumenta la tensione tra gli operai che tentano di superare il cordone di polizia.
Sono le tre di notte quando escono i delegati sindacali per riferire dellesito dellincontro: l'Alcoa non ha voluto prendere nessun impegno perché non si fida del decreto legge sullabbattimento dei costi energetici varato dal governo italiano. Vuole essere sicura che venga approvato dall'Unione Europea, che però non si sa con certezza quando si esprimerà in proposito. Il governo allora ha convocato un altro tavolo per l'8 febbraio e ha intimato all'Alcoa di non fermare gli impianti, pena la requisizione degli stabilimenti.
Quando si è trattato di decidere che fare l'esasperazione degli operai si è fatta sentire. La CUB ha sostenuto lipotesi di rientrare subito in possesso degli stabilimenti perché è là il punto di forza di questa lotta.
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