sabato 9 gennaio 2010

Solidarietà con i migranti di Rosarno ! Stop mafia e razzismo !



Solidarietà con i migranti di Rosarno. Di seguito alcuni video sulla condizione dei migranti a Rosarno (precedenti agli episodi degli ultimi giorni) e comunicati dalla Rete.

Il racconto dell'incendio che, il 19 luglio 2009, ha distrutto l'ex cartiera di Rosarno, dove dormivano una trentina di immigrati, causando 4 feriti e distruggendo le poche proprietà e i documenti delle persone che qui vivevano. L'incendio è scoppiato a causa di un fornelletto da campo lasciato acceso.

Le immagini della rivolta: proteste, l'intervento delle forze dell'ordine Repubblica.it

Da Infoaut
08.01.2010
Dopo Castelvolturno, la rivolta di Rosarno
La condizione coloniale dentro i confini delle ex madripatrie. Superati i confini della fortezza Europa, i migranti scoprono l'altra faccia della medaglia dei conflitti e delle miserie dalle quali fuggono, odissee in casa propria che sono spesso il portato di quanto ha prodotto ed esportato l'Occidente con il colonialismo, specie in Africa, serbatoio soprattutto europeo di forza-lavoro a basso costo. Prospettive e realtà di subordinazione e sfruttamento si conservano anche al di la del fossato mediterraneo, sotto le licenze concesse da politiche migratorie criminali (nella loro applicazione di respingimento così come nella possibilità di ricatto padronale che queste conseguentemente consentono), nella demarcazione sociale ed etnica dentro la gerarchia interna al mercato del lavoro e della società (discrimine di classe e di razza che agisce contro un corpo migrante schiacciato in uno stato di assoluta precarietà e sfruttamento). Partiamo da questi presupposti per interfacciarci alla rivolta di Rosarno. Una furia rabbiosa espressa per le strade della città calabrese, soprattutto nel pomeriggio di ieri, sospinta dal protagonismo di migranti che ricalcano quanto ci avevano già detto, nel recente passato, la sommossa di Castelvolturno, le precedenti tensioni di Rosarno, per molti versi l'impeto esploso dopo l'omicidio di Abba a Milano. "Basta", "Non siamo animali", "Non ne possiamo più", "Non siamo bestie"; ma anche, ed è estremamente interessante cogliere e proporsi d'indagare: "Io mi sento italiano", dichiarazione/incipit del realtà espressa dall'insorgenza delle "nuove italianità".

Rabbiosa rivolta. Auto ribaltate e date alle fiamme, cassonetti divelti e usati come barricate, copertoni bruciati in mezzo alla strada. Rabbia spontanea dei centinaia di migranti ridotti a schiavi di Rosarno, nella piana di Gioia Tauro, fatta traboccare, e non originata perchè covata da tempo (vedi proteste del dicembre 2008 dopo il ferimento di 2 ragazzi africani da persone a bordo di un'auto dalla quale partirono colpi di kalashnikov) dinnanzi al persistere della sitiuazione di sfruttamento razzismo e povertà, dai colpi di fucile ad aria compressa che hanno colpito 2 migranti, esplosi ancora da un'auto transitata dinnanzi all'ex fabbrica occupata. In centinaia si sono riversati in strada, travolgendo tutto quel è nell'oltre confine della propria gabbia. Distruzione che chiede rispetto e dignità, che si esprime nella ribellione e nella conflittualità di soggettività migranti accomunate dal bisogno di condizioni di vita più dignitose, dalla rabbia per una realtà d'esistenza che li stritola. Segno di ciò arriva anche dai meccanismi di comunicazione e solidarietà con i quali è partita la sommossa: poco dopo l'uscita dall'ex Opera Sila dei giovani immigrati, si sono mobilitati anche quelli in occupazione dell'ex Rognetta. Bloccata la statale 18, riproduzione intelligente di una pratica che ha fatto scattare l'intervento di polizia e carabinieri in assetto anti-sommossa, che hanno caricato e sparato lacrimogeni, ricevendo sassaiole. 7 sono gli arresti eseguiti. Tensioni anche questa mattina a Rosarno, con i migranti che hanno percorso in corteo la statale 18, dopo averla chiusa con 2 blocchi stradali, arrivando fin sotto il comune in centinaia, scandendo slogan ed ottenendo di essere ricevuti dal commissario prefettizio, in quanto il Comune è stato sciolto nel 2008 per infiltrazioni mafiose. Impronta importante quest'ultimo passaggio, con il porsi come collettivo dinnanzi alla controparte data dalle istituzioni, esigendo di veder migliorata la loro vita. Torna quanto mai attuale l'interrogativo se e quanto anche la rivolta di Rosarno possa essere un sintomo dell'apertura di possibili fronti di lotta dei migranti, per i migranti, rintracciabile all'oggi nelle mobilitazioni dei profughi di Via Asti a Torino e in poche altre città, superando e scardinando, da una parte la sola testimonianza dei solidali italiani e dall'altra agendo come antitodo agli avvoltoi più o meno istituzionali che, molte e troppe volte, han plasmato e depotenziato mobilitazioni sul nascere.

Nel ghetto. I protagonisti della rivolta di Rosarno sono ghanesi, sudanesi, ivoriani, senegalesi, congolesi. Sono periodicamente e da anni gitani per le terre ricche del sud Italia, si spostano sotto il tempo delle stagioni delle raccolte di agrumi, ortaggi e frutta. Sottostanno al capolarato schiavistico della 'ndrangheta e dei moderni latifondisti, che richiede solo uomini, possibilmente robusti: al giorno recuperano 20 euro per anche 14 ore di lavoro nei campi, diffusa è la pratica del taglieggiamento (5 euro) che gli viene ritorta contro, abusando del loro status "clandestino" sul territorio italiano. Vivono in condizioni inumane in vecchie fabbriche abbandonate, ammassati a centinaia in condizioni inaccettabili. Nei dintorni di Rosarno ci sono 2 occupazioni, quella della Rognetta (ex ditta che produceva succo) e quella dell'Opera Sila (ex stabilimento che distillava olio calabrese).
Antimafia e politica. "Vi invito alla calma e vi assicuro che avrete adeguata protezione" pompiereggia il commissario prefettizio di Rosarno, Francesco Bagnato. Cerca di riportare la calma parlando con i migranti, promettendo come ricompensa caramelle di pessimo gusto e ambigui dispositivi di protezione: container dove poter dormire dopo il vostro bel lavoro massacrante ed un bel presidio di polizia davanti a controllarvi ancora meglio (...). La risposta alla fine dell'ingovernabilità generata dallo scontro è quella della governance democratica dell'esclusione sociale e dei conflitti in potenza... Nelle ultime ore si sono rincorse tante e inutili prese di posizione sui fatti di Rosarno, tirata in ballo la xenofobia e l'ndrangheta, l'immigrazione clandestina e lo Stato: del regime di sfruttamento che origina e consente la creazione di ghetti etnici nessuno ha parlato, della responsabilità dello Stato per politiche sull'immigrazione immonde e funzionali alla riproduzione dei circuiti criminali nessuno ha proferito parola. Veramente il ministro dell'interno Maroni pensa che chiudendo ancor più le frontiere, episodi come quelli di Rosarno non si ripeteranno? Non potrà che aumentare la precarietà e la ricattabilità per coloro che transiteranno lungo gli inarrestabili e naturali flussi migratori. Veramente il capo calabrese di Libera don Demasi pensa che con più Stato si spezzeranno le reni all'ndrangheta (legittimito "chiedersi" quanto lo Stato ha permesso e permette la riproduzione delle mafie...)? L'unica risposta che ha saputo dare lo Stato ai migranti della piana di Gioia Tauro è stata lo sgombero della Cartiera, altra ex fabbrica abbandonata che per anni ha ospitato la comunità africana. Verrebbe invece da chiedersi quanto esprimano un'anima realmente e genuinamente antimafia le sommosse di Rosarno e Castelvolturno piuttosto che l'opera delle multinazionali dell'antimafia, compromesse nella compatibilità sistemica di uno Stato che si vorrebbe governato dal tintinnio delle manette, conservando i privilegi e gli onori conquistati nel teatro del palazzo, sbattendosene delle questioni sociali quindi politiche, che sono all'origine di ogni problematica, reale, che s'affacci nel nostro tempo.
Il puzzo del razzismo. Nel guardare a Rosarso, alla rivolta dei giovani africani, si è obbligati anche a registrare quelle che sono state le reazioni dei cittadini di Rosarno. Giovani calabresi ieri sera ha cercato di attaccare le proteste, quest'oggi un rosarnese ha sparato colpi in aria per allontanare da sotto la sua abitazione i migranti in piazza, un centinaio di cittadini ha poi bloccato la statale 18, andando in corteo ad occupare il municipio, sotto il quale ci sono stati tafferugli con le forze dell'ordine nel tentativo di aggredire chi faceva ritorno nele fabbriche/dormitorio occupate. E nuove tensioni si sono presentate anche nello scorrere della giornata: 5 migranti sono stati investiti da auto in corsa, altri 2 sono stati gambizzati e altri 2 ancora presi a sprangate. Contraddizioni che esplodono nel vissuto quotidiano di territori spogli di tutto, insufficienti e manchevoli di ogni servizio sociale, contraddistinto da un tasso di disoccupazione (soprattutto giovanile) che vede l'11.45% di abitanti occupati, che trovano più facilmente la loro fonte di reddito nella manovalanza per le 'ndrine che altro. Prodotto anche di quanto seminato mediaticamente e politicamente con politiche razziste e xenofobe, individuando (anche e soprattutto) nel migrante un facile capro espiatorio sul quale scaricare le tensioni, dentro una cornice di produzione di discorso e provvedimenti securitari volti spesso ad alimentare guerre tra poveri, velando le reali problematiche che colpiscono le falde sociali e che costituiscono le vera insicurezza dell'oggi.

Da Contropiano
Furore a Rosarno. Scene di lotta di classe nell'Italia del XXI° Secolo

Il "riot" di Rosarno è, dopo quello di Castel Volturno, una delle più visibili rivolte dei lavoratori immigrati.avvenute in Italia. Le dinamiche della rivolta sono partite da una gratuita provocazione causata da alcuni abitanti locali di Rosarno che hanno iniziato a sparare contro un gruppo di immigrati. Questa è stata la scintilla che a provocato la rivolta. Il riot ha ricordato, non tanto nelle quantità ma nella qualità, le rivolte delle banlieu francesi o dei ghetti statunitensi, dove la rabbia si scaglia contro tutto, perché tutto è precluso, una macchina, una casa, un lavoro, una vita…Anche questa è una delle tante facce della crisi e dei suoi effetti nei nostri territori.
Ma chi sono questi immigrati di Rosarno? Stiamo parlando di lavoratori che come moderni wobbly lavorano tra le due coste italiane seguendo i flussi del lavoro agricolo di raccolta, dalla Puglia, alla Campania alla Calabria. Vivono accampati in capannoni fatiscenti e non hanno nessuna garanzia sociale e democratica. L’unico elemento identitario, auto-riconosciuto, che hanno è quello etnico e per alcuni religioso. Sono alla mercè di un padronato agricolo, spesso colluso con la malavita organizzata, che prospera su questo segmento, non sindacalizzato e dove non viene rispettato il benchè minimo diritto.
Le immagini che ci giungono da Rosarno pongono degli interrogativi importanti a tutti rispetto ai livelli di contraddizioni particolari mai vissute in Italia.
Che queste rivolte avvengano al Sud è un dato interessante, che dimostra il ritardo con cui si è analizzato le modifiche del territorio e delle diverse comunità urbane. L’immigrazione dei giovani scolarizzati del sud verso il nord produttivo e razzista, si somma ad un sud che vive anche grazie ad una nuova manodopera operaia immigrata, producendo dinamiche razziste per certi versi ancora più spietate che al nord. In quanto la concorrenza diventa ancora più stringente tra le fasce popolari.
I ritardi della sinistra sono molteplici, l’aver puntato esclusivamente sotto un aspetto umanistico-etico il problema immigrazione, porta a non cogliere le dinamiche di classe che si sono innestate, Per Lenin nel socialismo non c’era un grammo di etica, perché l’unità della classe si misurava nella sua utilità rispetto alla lotta di classe. Fintanto che non si dimostra perché è utile per un lavoratore italiano unirsi ad un lavoratore immigrato e viceversa, gli elementi identitari e razzisti avranno sicuramente la meglio.
Esiste inoltre un duplice problema: da una parte il trovarsi davanti un soggetto che è di fatto espulso dalla “civile democrazia” dall’altra la cronica mancanza di organizzazione e di strumenti sindacali di difesa. Finche non si avrà il coraggio di intervenire e provare a dare forma organizzata a questa rabbia, rivolte come quelle di Rosarno si susseguiranno e amplieranno i margini della guerra tra poveri.

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