domenica 31 gennaio 2010

[Vicenza 30/1/10] 50 attivisti NoDalMolin protestano incatenati alle gru


Da http://www.nodalmolin.it

Cinquanta NoDalMolin incatenati alle gru
Un documento con il quale spiegare le ragioni della propria azione non violenta: è quanto hanno diffuso le 50 persone entrate pochi minuti fa all’interno del cantiere per la costruzione della nuova base militare al Dal Molin. E uno slogan, “sarà lònga!”, che ricorda il “sarà dura!” dei NoTav e sottolinea la determinazione dei vicentini a continuare la propria mobilitazione.

Nel documento – allegato di seguito – si ricostruiscono la vicenda vicentina e, soprattutto, le ultime allarmanti notizie che giungono dal cantiere. Nelle promesse del commissario Costa, scrivono i NoDalMolin, quello della base Usa «doveva essere un cantiere perfetto, all’avanguardia nella tutela del territorio; e, invece, dopo pochi mesi , mostra già i devastanti segni del suo operare». Il riferimento è allo stato della falda acquifera, inspiegabilmente alto in alcune zone, agli alberi distrutti e ai reperti archeologici recentemente scoperti.

«Quest’oggi siamo entrati – spiegano i cinquanta attivisti – per incatenarci alle gru e alle macchine da lavoro. Vogliamo salute, sicurezza, storia». Nel documento i NoDalMolin si chiedono cosa sarebbe avvenuto se la Valutazione di Impatto Ambientale, impedita dal commissario Costa, fosse stata eseguita e fanno notare che tutte le ragioni che hanno motivato 4 anni di protesta stanno trovando riscontri nel cantiere.

«Oggi – concludono i NoDalMolin – il cantiere si deve fermare. Vogliamo che, prima di procedere nei lavori, venga realizzato uno studio approfondito sullo stato attuale della falda acquifera che conivolga tecnici comunali, delegati dell’autorità di bacino e personalità indipendenti».

Presidio Permanente, Vicenza, 30 gennaio 2010

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sabato 30 gennaio 2010

[Cagliari 29/1/10] Gli operai dell'Alcoa bloccano l'aeroporto, la polizia carica.


Da Contropiano.org

Sardegna . Proseguono le proteste degli operai dell’Alcoa
Ieri la protesta degli operai dell’Alcoa ha investito l'aeroporto di Cagliari Elmas . I lavoratori tolto, a sorpresa il blocco sulla statale 131, dirigendosi verso lo scalo aereo. Bloccata la strada di accesso al terminal partenze, mentre un gruppo di operai e' entrato nell'aerostazione con uno striscione con la scritta 'Alcoa: rispetto e lavoro'. I manifestanti si sono poi diretti verso i cancelli per i controlli di sicurezza. Il vertice a Palazzo Chigi sul futuro dell’Alcoa in Sardegna, fissato per il 5 febbraio tra Governo, sindacati, azienda e Regione, non è stato ancora anticipato. La Regione Sardegna ha invitato il Governo a presentare una richiesta formale alla multinazionale di rinviare di 60 giorni la decisione di dismettere l’attività, ora annunciata per il 6 febbraio e dare così il tempo per l’approvazione del decreto legge sull’energia».
Scontri tra lavoratori Alcoa e polizia

Tafferugli tra polizia e carabinieri in assetto antisommossa e operai dell'Alcoa, sulla pista dell'aeroporto di Cagliari, che i lavoratori occupano da questa mattina l'aerostazione. Gli operai hanno permesso lo sbarco dei passeggeri di un aereo arrivato da Fiumicino, mentre e' tuttora bloccato un velivolo Meridiana. Sono stati fatti scendere, invece, i 131 passeggeri dell'aereo della Ryanair che sarebbe dovuto decollare alle 10:25 per Treviso.
Aggiornamento Ore 13,00
Chiuso l'aeroporto di Cagliari Elmas, dove e' in corso la manifestazione dei lavoratori dello stabilimento Alcoa di Portovesme. I voli in arrivo sono stati dirottati sugli scali di Olbia e Alghero. Aggiornamento Ore 14,30
Gli operai dell'Alcoa hanno sospeso l'occupazione della pista dell'aeroporto di Cagliari-Elmas, occupata per protesta. Oggi si e' toccata la massima tensione. Sulla pista scontri con la polizia. Per motivi di ordine pubblico i voli sono stati bloccati e dirottati su Alghero e Olbia. La situazione e' rientrata dopo che il prefetto di Cagliari Balsamo ha informato i sindacati che verra' anticipato al 2 febbraio a Palazzo Chigi l'incontro con i vertici della multinazionale.

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Studenti medi contro il razzismo

Ieri, 29 gennaio, un gruppo di studenti medi di Bologna, ha organizzato un sit-in in centro città, per manifestare contro il razzismo e in solidarietà agli immigrati di Rosarno.




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giovedì 28 gennaio 2010

MANIFESTAZIONE CONTRO LA CRISI A BOLOGNA



Si è svolta sabato 23 gennaio la giornata di mobilitazione contro la crisi indetta dal “coordinamento 23 gennaio”, sigla che raccoglie realtà del sindacalismo di base, degli spazi sociali, gruppi e organizzazioni della sinistra alternativa.

Alla mobilitazione hanno partecipato lavoratori e disoccupati che stanno pagando la crisi, famiglie in sofferenza abitativa e migranti che chiedono un lavoro sicuro, reddito sociale, la casa e diritti di cittadinanza.
Il pomeriggio si è aperto con una piazza tematica a partire dalle 15.30 in piazza dell’Unità, dove si sono avvicendati musica e interventi, che ha visto la partecipazione di circa 500 persone.
E’ poi proseguito con un colorato e rumoroso corteo che ha attraversato la città fino a piazza Verdi coinvolgendo 1500 manifestanti.
Malgrado il divieto di concludere il corteo in piazza Maggiore, a causa dell’antidemocratico divieto di manifestare nelle vie del centro, un gruppo di lavoratrici è riuscito a raggiungere il Nettuno con uno striscione che recitava il seguente slogan: “Contro la crisi-Bancomat per tutti-Paga la Regione ” suscitando la simpatia e la solidarietà dei cittadini.
Questa giornata è la tappa di un percorso che vuole mettere al centro dell’agenda politica della città gli interessi popolari oggi attaccati dalla crisi, superando le vertenze di settore per costruire un fronte comune di lotta.
24 gennaio 2010

Federazione RdB Bologna

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lunedì 25 gennaio 2010

[S.Giuliano Milanese] DHL: 70 lavoratori della cooperativa scaricati via fax

Servizio di Silvia Tagliabue da CubVideo

Il gruppo DHL, specializzato in consegne e recapito di corrispondenza, ha inviato via fax la lettera di licenziamento a 70 lavoratori della cooperativa Padana Servizi di San Giuliano Milanese (Milano). Si tratta di lavoratori immigrati di tutte le nazionalità, che lavorano da più di dieci anni per la DHL, ma attraverso diverse cooperative che si succedono nel tempo.

Giovedì c'è stata una delegazione sindacale in Prefettura, che si e' impegnata a ''convocare le parti nel giro di un paio di giorni''.
Come spiega Walter Montagnoli della CUB, la DHL non ha spiegato alle autorità i motivi del licenziamento dei lavoratori e si e' persino rifiutata di ricevere i loro rappresentanti. Una ragione potrebbe essere che dopo tanti anni di servizio ininterrotto l'azienda ha voluto evitare di trovarsi costretta ad assumere direttamente nel suo organico i lavoratori. Senza contare che si tratta di persone coscienti dei propri diritti e ben sindacalizzate con la CUB.

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domenica 24 gennaio 2010

[Val Susa 23/1/10] Manifestazione: 40.000 volte No Tav


Sabato 23 Gennaio, nuova grande prova di mobilitazione e di lotta del fronte No Tav. Oltre 40.000 i partecipanti alla manifestazione.
Video da talkingpeace.org

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mercoledì 20 gennaio 2010

[Palermo 19/01/10] la polizia carica al presidio contro lo sgombero dello Zetalab


Da Infoaut

19 gennaio 2010 viene sgomberato lo Zetalab. La risposta di Palermo è stata una lunga giornata di lotta in cui tutte le realtà che ad ogni titolo costruiscono e costituiscono opposizione ed antagonismo nel tessuto sociale e civile della città si sono stretti con determinazione attorno al Laboratorio zeta ed alla sua esperienza.

L'arrivo delle forze di polizia che hanno colto di sorpresa gli occupanti, dopo gli incontri incoraggianti dei mesi precedenti con le autorità che facevano presagire ad una possibile soluzione positiva della questione Zetalab, ha conosciuto sin da subito l'opposizione decisa di chi è accorso per tutta la giornata in via Boito, un presidio che è cresciuto per tutta la giornata arrivando alle diverse centinaia nella sera. La giornata, come detto, si è caratterizzata per la determinazione di chi è sceso in strada contro l'ennesimo sgombero cittadino. Determinazione manifestatasi sin da subito con il sabotaggio del mezzo(e successive cariche della polizia) che portava il materiale necessario alla muratura di porte e finestre, e che ha portato, nei vari momenti di tensione verificatisi, ad una risposta decisa e per niente impaurita dei manifestanti che in tre occasioni sono stati caricati alla polizia e che hanno risposto ogni volta alle aggressioni ed alle provocazioni e non hanno abbandonato mai la piazza.

Durante tutta la giornata esponenti del centro hanno tentato possibili soluzioni con le istituzioni ricevendo la totale dismissione di ogni responsabilità da parte della prefettura ed il fallimento di un tavolo con la giunta comunale che ha proposto all'associazione Aspasia, cui l'IACP, proprietario dell'immobile, ha assegnato l'edificio, una nuova destinazione che non necessitava, a differenza dello Zeta, di alcun lavoro per poter essere utilizzato dall'associazione stessa. Tale proposta è stata respinta decisamente da Aspasia svelando così l'opacità dei suoi interessi sulla struttura.

Continua tutt'ora il presidio di fronte allo Zetalab, diventato ora permanente, con gli attivisti del centro accampati in via Boito.

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domenica 17 gennaio 2010

[Vicenza 16/1/10] Nonostante il divieto i NoDal Molin manifestano in stazione, in solidarietà con la lotta noTav


da nodalmolin.it

E tre: i NoDalMolin entrano in stazione lo stesso
Il popolo delle pentole ha aggirato oggi pomeriggio il divieto imposto dalla Questura di Vicenza per la manifestazione in appoggio al movimento No Tav. Nella piazza antistante alla stazione 150 vicentini si erano regolarmente riuniti stendendo striscioni di solidarietà e battendo le loro inseparabili pentole.

Il gruppo era abbondantemente controllato dalle forze dell’ordine che temevano l’occupazione dei binari: già in due occasioni, infatti, i cittadini di Vicenza indignati dal progetto della base Usa erano riusciti nell’impresa. La prima occasione fu il 16 gennaio 2007 (giorno di nascita del Presidio Permanente) a seguito dell’editto bulgaro con cui Prodi aveva confermato il suo favore al progetto; la seconda fu in occasione del colpo di spugna con cui il Consiglio di Stato aveva annullato la sentenza del Tar nel luglio del 2008.

E tre. Mentre all’esterno il popolo delle pentole cantava, all’interno della stazione una cinquantina di attivisti scendevano dal treno e, cogliendo alla sprovvista le solerti forze dell’ordine, occupavano l’ufficio di Trenitalia con la richiesta di inviare alle dirigenze un fax con il comunicato di solidarietà al movimento No Tav (che segue). I due gruppi se ne sono poi andati a festeggiare al Presidio Permanente che proprio oggi compie tre anni di vita.
Le ragioni con le quali la Questura aveva vietato la manifestazione sono principalmente due: l’arrivo dei tifosi diretti allo stadio e lo svolgimento della Fiera dell’Oro; era stato proposto alla Questura un cambiamento di orario, per evitare la concomitanza con l’arrivo dei tifosi, e fatto notare che la Fiera dell’Oro si svolge ad alcuni chilometri di distanza, ma la posizione della Questura era stata irrevocabile, a dimostrazione che la volontà è di impedire l’iniziativa. Questa è la vera ragione per la quale il Questore Sarlo aveva imposto il suo divieto: per impedire lo svolgimento di un’iniziativa di solidarietà in un luogo simbolico. Ma i vicentini hanno voluto ricordargli la loro determinazione a continuare questa lotta e più ingenerale qualunque lotta per la libertà.

La lettera consegnata all’uff. informazioni di Trenitalia:
All’attenzione di Trenitalia s.p.a. - R.F.I. s.p.a.

SOLIDARIETÀ AL MOVIMENTO NO TAV

In questi giorni gli abitanti della Val di Susa stanno subendo una militarizzazione del territorio per l’inizio dei sondaggi preliminari per la costruzione della linea ad Alta Velocità Torino-Lione. Riteniamo il Tav un’opera inutile, costosa e dannosa per i territori della Val di Susa già pesantemente devastate dal passaggio di altre opere come autostrade e una linea ferroviaria già esistente. È un’opera inutile perché per risolvere i problemi legati al traffico ferroviario bisognerebbe investire nella sicurezza e nel miglioramento delle linee già esistenti e soprattutto potenziare il servizio per i pendolari, cioè i maggiori utilizzatori del treno. Inoltre ci troviamo di fronte ad un’opera imposta dall’alto contro il parere della comunità valsusina. La militarizzazione della Val di Susa è una grave limitazione della democrazia. Noi, come cittadini di Vicenza in lotta contro la costruzione della base militare al Dal Molin, esprimiamo solidarietà ai cittadini della Val di Susa che si stanno opponendo al progetto della Tav e invitiamo la dirigenza di Trenitalia e di R.F.I. a ritirare questo progetto ed accogliere le numerose richieste alternative avanzate dalla popolazione valsusina.

Presidio Permanente No Dal Molin 16 gennaio 2010

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[Livorno 16/1/10] 1000 in piazza con i familiari delle vittime dello Stato in una città blindata


Da Senzasoste.it

Livorno, 1000 in piazza con i familiari delle vittime dello Stato in una città blindata
Bella manifestazione nel centro di Livorno isolato e blindato, senza alcun motivo, dalla questura

16_gennaio_verita_e_giustizia.jpgPer una mattina Livorno è diventata il simbolo di tutti gli omicidi di Stato dell'ultimo decennio e luogo di ritrovo per molte famiglie i cui parenti sono stati uccisi da istituzioni e uomini in divisa (il video del corteo)

Si sono ritrovate infatto a Livorno le famiglie di Carlo Giuliani, Manuel Eliantonio, Niki Gatti, Riccardo Rasman, Giulio Comuzzi, Stefano Frapporti, Renato Biagetti, Bukaj Bledar e Lorenzo Iannucci (Iaio).

Fin dalle 10 di questa mattina hanno iniziato ad affluire in piazza della Repubblica i manifestanti provenienti da molte zone d'Italia: anarchici, militanti di collettivi o associazioni che lavorano sul tema del carcere, comitati di sostegno alle famiglie dei ragazzi uccisi, studenti, centri sociali, una delegazione livornese di Rifondazione Comunista e semplici cittadini livornesi. Sono venuti da molte parti d'Italia, dal trentino (Rovereto), da Milano, da Roma, da Torino, da Pisa, da Firenze, da Viareggio, da Massa con auto, treno o pullman. Era presente anche uno striscione del Comitato dei familiari degli arrestati dell'11 ottobre a Pistoia verso cui mercoledì prossimo, 20 gennaio, inizierà il processo.

Insomma, una degna cornice per una manifestazione organizzata in primis da Maria Ciuffi, la madre di Marcello Lonzi, in modo spontaneo, partendo da semplici telefonate per contattare tutte le famiglie che avessero subito un "omicidio di Stato".

Prima di partire, un giornalista di Liberazione, Checchino Antonini, ha letto una lettera di Rita Cucchi, la madre di Stefano Cucchi, per Maria Ciuffi.

Il corteo è partito verso le 12 ed in un clima surreale, militarizzato e isolato dal resto della città, ha attraversato via Grande, piazza Grande, piazza del Pamiglione, via San Giovanni fino a pizza del Municipio dove i familiari hanno fatto gli interventi finali.

16_gennaio_polizia_assetto.jpgE qui bisogna aprire una parentesi polemica perché non è possibile che una manifestazione organizzata da famiglie che chiedono Verità e Giustizia (come scritto sullo striscione di apertura tenuto dalle famiglie) venga militarizzata con decine di poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa, le strade chiuse e completamente liberate da auto e cassonetti e addirittura negozi a cui è stato consigliato di chiudere. Un esempio di assurdità? Un ragazzo si è tagliato un dito mentre cercava di mettere il nastro adesivo a uno striscione e la farmacia non gli voleva aprire perché aveva l'ordine di far entrare solo "soggetti raccomandabili".

Molti livornesi addirittura hanno visto portare via le proprie macchine posteggiate lungo il percorso. E allora viene spontanea una domanda: perché se questa manifestazione era così importante tanto da paralizzare un centro cittadino intero per una mattina, sulla stampa non ha avuto lo spazio dovuto? O meglio, Corriere di Livorno e Nazione hanno fatto una degna copertura dell'evento (era presente anche la Rai), mentre Il Tirreno lo ha relegato sempre alle pagine interne con articoli secondari tanto che molte persone non sapevano cosa stesse succedendo. Ma d'altra parte questa era una manifestazione che diceva cose non piacevoli verso poteri e istituzioni e quindi secondo la loro linea editoriale servile, non poteva avere più di tanto spazio. Probabilmente a far paura alle istituzioni livornesi non erano i manifestanti ma quello che dicevano e esprimevano.

A fine corteo una parte del corteo si è spostata verso l'Officina Sociale Refugio dove i familiari si sono riuniti in assemblea e i manifestanti invece hanno potuto mangiare qualcosa prima di ripartire. I familiari si sono detti molto soddisfatti della manifestazione e nel teatro del Refugio hanno espresso la volontà di andare avanti tutti insieme e di creare un coordinamento nazionale che possa aiutare e sostenere tutte le famiglie vittime di abusi o insabbiamenti da parte delle istituzioni.

Insomma, Livorno stamani ha visto nascere una volontà di collaborazione (e speriamo, un coordinamento) da parte di tutte queste famiglie per riuscire ad organizzare eventi come questo in altre città d'Italia.

red.16 gennaio 2010

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[Torino 16/1/10] In marcia la Torino No Tav


Da Infoaut/notav.info
Scende in marcia la Torino NoTav!
Una grande risposta dalla Torino No Tav: migliaia e migliaia di persone in marcia contro i sondaggi, attraversando l’appuntamento cittadino indetto dall’assemblea No Tav di mercoledi 13 gennaio all’università di Torino. 3mila persone in piazza, per dire no ai sondaggi, espressione dell’opposizione torinese al Tav, in appoggio ai ribelli della Valsusa.

Una scadenza che cade mentre si annuncia l’avvio delle trivellazioni sul territorio metropolitano, sotto il bombardamento mediatico della stampa mainstream che inneggia all’Alta Velocità e che diffama stereotipamente chi resiste. In 2 giorni le realtà torinesi sono riuscite a mettere quel che è la prima e bella pietra posata in città contro il piano sondaggistico, in solidarietà e appoggio al movimento No Tav della Val Susa. Tantissime persone hanno quindi partecipato a quello che è diventato un corteo che ha superato ogni più ottimistica aspettativa dei movimenti: tanti e tante torinesi hanno voluto esserci quest’oggi, marciando verso i siti delle trivellazioni in programma, gridando, come in Valle, “No Tav No Sondaggi”, imbastendo un primo segmento del persorso di contestazione dei sondaggi a Torino. Alla marcia hanno voluto partecipare anche Luca Persino (O’ Zulù), leader dei 99 Posse, e Gianni Vattimo, parlamentare europeo. Da piazza Massaua i No Tav torinesi, che hanno raccolto anche la presenza e la vicinanza del movimento No Tav valsusino, presente con una buona delegazione, si sono diretti verso quelli che sulle mappe dell’Osservatorio sono indicati come i luoghi delle trivellazioni in programma, tornando poi nuovamente, sempre in corteo, al luogo del concretramento, chiudendo una grande giornata per la Torino No Tav, per chi si batte contro l’Altà Velocità.

La Valle perdura nella resistenza, diffusa e radicata l’irrudicibilità al progetto del Tav, dopo 20 anni di lotte e opposizione popolare. Nemmeno un chiodo è stato piantato nel suolo di un territorio che la sua gente difende, le truppe che si sono presentate la scorsa settimana al nuovo presidio di Susa hanno dovuto fare dietrofront, “dalla Valle non si passa, questa è la nostra terra”. Che ne dica la stampa nazionale e locale, quest’ultima impegnata in tutta la sua bassezza nel racconto dell’irreale, nella propaganda assordante che spaccia 2 buchi fatti in territori irrangiungibili e supersovergliati come l’inizio della costruzione della grande opera, nella diffamazione di un movimento popolare reale che non può che ridere dinnanzi alla mistificazione e alla bugia ordinata. La Val Susa è il territorio interessato dall’80 del progetto Tav, i sondaggi in via di realizzazione sono ben distanti dal labire una Valle che si continua a difendere e si difenderà dalla voracità del partito del Tav, che si presenti in giacca e cravatta come in divisa.

Una straordinaria mobilitazione No Tav No Sondaggi quella di quest’oggi a Torino, territorio sul quale, anche qui, si dovrà fare i conti con chi si oppone e resiste. A Sarà Dura, sempre per loro!

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[Modena 16/1/10] 200 persone a fianco del Guernica

Partecipata e piena di contenuti la giornata di mobilitazione promossa dai compagni dello spazio Guernica. Dopo lo sgombero dello spazio, il Guernica si è ripreso la città .

Da Infoaut
Modena: 200 persone a fianco del Guernica
Il Guernica invade le vie di Modena per ribadire che il progetto iniziato con l'occupazione dello stabile ex Ford, non termina con lo sgombero del 7 gennaio scorso, ma continuerà attraverso le lotte, le persone e le iniziative che lo hanno attraversato. Un progetto che ha visto nascere diverse iniziative autogestite come presentazioni di libri, laboratori e diverse serate che hanno permesso a molte persone di passare momenti piacevoli con pochi euro.

L'appuntamento è alle 16,00 in largo sant'eufemia, e già dai primi momenti hanno cominciato a radunarsi decine e decine di persone, tutte le realtà modenesi vicine al Guernica e singole persone che lo hanno attraversato. Dopo una serie d'interventi da parte di un esponente del Guernica, un esponente del collettivo studenti medi di Modena uniti, dell' onda anomala modenese, del Laboratorio Crash e del Fassbinder, centro sociale di Sassuolo, sempre in provincia di Modena, sgomberato alcuni giorni fa, il presidio, arrivato a toccare le 200 persone, si è trasformato in un corteo partito dietro lo striscione GUERNICA.
Il corteo, ha toccato tutti i punti sensibili della città, ognuno dei quali ha visto, attraverso striscioni come "Ai divieti e alle restrizioni rispondiamo con le occupazioni" "contro la crisi e i tagli all' istruzione noi rispondiamo riappropriazione", e interventi, denunciare lo sgombero dello spazio antagonista occupato Guernica, che partendo dal basso ha portato a Modena una socialità diversa.

I momenti più alti si sono avuti davanti al comune di Modena con una serie d'interventi che hanno rilanciato le lotte contro i numerosi sfratti che avvengono nella città, Modena è la capitale degli sfratti, e le lotte contro le devastazioni ambientali, che vede la governace modenese, complice della devastazione, davanti all' università dove l'onda modenese e il collettivo degli studenti medi di Modena uniti, hanno nuovamente contestato e denunciato i numerosi tagli che le scuole e l'università modenesi, subiscono con la riforma Gelmini, riportando alla luce l'importanza dello spazio sociale, che aveva iniziato, attraverso la realizzazione di un laboratorio fotografico, a dare risposte ai tagli, e con occupazione simbolica di via Emila centro, simbolo della Modena bene, dove in più punti della via, si è cercato di arrivare a tutte le persone fermate per ascoltare i diversi interventi che dal corteo venivano fatti.


Il corteo è terminato al laboratorio SCOSSA, dove la giornata si è conclusa con un aperitivo informativo e musica, per raccogliere fondi per i denunciati dell' occupazione.

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venerdì 15 gennaio 2010

[Milano 14/01/10] Presidio al Tribunale di Milano. No alla persecuzione dei comunisti.

Video del presidio svolto presso il Tribunale di Milano il 14 Gennaio 2010. Il presidio contro la repressione è stato organizzato dal Coordinamento dei Collettivi Comunisti in occasione dell'udienza del Processo in cui è imputato il compagno Enrico del Collettivo Comunista Modenese. Il compagno Enrico è accusato di ricettazione dopo che, in seguito ad una delle tante perquisizioni, è stato rinvenuto a casa sua un vecchio timbro (vecchio di decenni)del Tribunale di Modena. Questo è bastato per un accusa di ricettazione. Ovviamente questa inchiesta non è altro che l'ennesimo appiglio con cui la borghesia cerca di ostacolare l'attività dei comunisti. Per denunciare questo è stato organizzato il presidio a cui hanno partecipato, oltre i Coor Col Com, Proletari Comunisti, Gruppo d'Azione Torino e P-Carc. Il video è stato realizzato dal Collettivo Comunista Piemontese.


Il comunicato del Coor Col Com
No alla repressione dei comunisti!
Il 14 gennaio prossimo, presso il Tribunale di Milano, si terrà il processo contro il compagno Enrico Levoni del Coordinamento dei Collettivi Comunisti. Questa udienza segue quella del 26 giugno 2009 di cui abbiamo riferito nel nostro comunicato del 30.06.09.Questo processo contro il compagno Enrico non è altro che uno dei tanti processi che vanno inquadrati nell’ambito della persecuzione dei comunisti perpetrata dalla borghesia imperialista e che recentemente ha coinvolto decine e decine di militanti di diverse organizzazioni e partiti del nostro paese.

Oggi il movimento comunista è debole e non ha ancora il suo partito. Quantitativamente le sue forze non sono in grado di contrastare le forze della borghesia. Anche il rapporto tra le diverse organizzazioni comuniste e le masse popolari non è sviluppato come lo è stato un tempo. Non è quindi per l’effettiva pericolosità dei comunisti che la borghesia ci attacca e tenta con vari mezzi di ostacolare la nostra attività. È la pericolosità potenziale che la borghesia teme. Un movimento comunista che attua una linea giusta, se non ha forze le raccoglie, se non ha legami con le masse li allaccia, fino a diventare, come la storia ha più volte dimostrato, un’effettiva minaccia per il potere dei padroni, fino a strappare la direzione della società dalle mani della borghesia.

Mentre da una parte le autorità borghesi perseguitano i comunisti e le loro organizzazioni, dall’altra l’ordinamento sociale borghese costringe milioni di persone ad una vita sempre più insopportabile. Disoccupazione, eliminazione dei servizi, miseria, fame e guerra sono le pillole amare che la borghesia tenta di fare ingoiare alle masse popolari. Questa situazione genera inevitabilmente una mobilitazione sempre più ampia e determinata delle masse e da questa mobilitazione i comunisti possono raccogliere forze per ricostruire il loro partito.

La resistenza della organizzazioni e dei compagni e la solidarietà che essi raccolgono dalle masse sono un ottimo strumento per contrastare la repressione borghese e per rafforzare il movimento comunista.

A nostro avviso la giusta risposta contro questa persecuzione si articola su cinque punti fondamentali:

1.la solidarietà reciproca tra le varie organizzazioni e i vari partiti colpiti e no dalla persecuzione, al di là delle divergenze politiche e ideologiche che dividono ogni componente del movimento comunista,
2.la denuncia ampia e pubblica di questa persecuzione come elemento della lotta di classe che la borghesia conduce contro la rinascita del movimento comunista e a cui il movimento comunista deve rispondere unito,
3. l’attacco contro i personaggi e le istituzioni che perpetuano la persecuzione per fare esplodere le contraddizioni interne alla borghesia,
4. la mobilitazione delle masse in solidarietà con i compagni e le organizzazioni e i partiti compiti dalla repressione,
5. ricavare dalla mobilitazione delle organizzazioni comuniste e delle masse popolari forze e risorse per ricostruire il partito comunista della classe operaia.

Il Coordinamento dei Collettivi Comunisti, adoperandosi per contrastare questo attacco repressivo, lavora anche su questi cinque campi ponendo particolare impegno nello sviluppo del quarto e del quinto punto.
In occasione dell’udienza abbiamo organizzato un presidio di protesta, per denunciare la persecuzione dei comunisti e per chiedere la completa assoluzione del compagno Enrico. Invitiamo pertanto tutti i compagni che riconoscono giusto e necessario mobilitarsi contro la repressione a diffondere questo comunicato e a partecipare e a far partecipare al presidio che si terrà davanti al tribunale di Milano il 14 gennaio 2010 a partire dalle ore 9.Coordinamento Collettivi Comunisti

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giovedì 14 gennaio 2010

[Roma 13/1/09] Azione di protesta a Carrefour in solidarietà con Sakina Arnaud. "Boicottare le merci israeliane non è un reato"

Da Contropiano

Roma . Azione di protesta a Carrefour in solidarietà con Sakina Arnaud. "Boicottare le merci israeliane non è un reato"

Ieri c'è stato un blitz di protesta ad un supermercato Carrefour della zona prenestina degli attivisti del Forum Palestina. Obiettivo dell'iniziativa era quello di esprimere solidarietà con Sakina Arnaud, attivista di Europalestine, sotto processo a Bordeaux (Francia) con l'accusa di "odio razziale" per aver fatto propaganda a favore del boicottaggio delle merci israeliane nel quadro della campagna internazionale BDS. I manifestanti hanno aperto uno striscione con scritto "Boicotta Israele" e cartelli con le scritte Solidarietà a Sakina Arnaud e "boicottare le merci israeliane non è un reato"

Vicenza . Proteste e boicottaggio contro la partecipazione israeliana alla Fiera dell'oro e dei diamanti. Sabato manifestazione
In questi giorni a Vicenza si svolge FIRST la principale mostra fieristica mondiale dell´oro e dei diamanti. All´interno della Fiera ci sono ditte israeliane che lavorano i diamanti e organismi governativi dello stato d´Israele che promuovono, sostengono e commerciano i diamanti. In fierà dunque son presenti gli stand di uno stato che sta compiendo un vero e proprio genocidio del popolo palestinese: se vogliamo imperdire questo genocidio bisogna boicottare politicamente, socialmente ed economicamente Il Governo Israeliano e chi collabora con Israele. Nell´anniversario dell´agressione israeliana alla popolazione di Gaza denominata "piombo fuso" circa 1.400 attivisti da 43 paesi si sono riuniti nelle scorse settimane al Cairo sulla via per Gaza per unirsi ai Palestinesi che marciavano per interrompere l´illegale assedio Israeliano. A Vicenza si stanno attivizzando varie associazioni, sindacati di base, comunità per boicottare i rapporti economici e culturali tra la Fiera di Vicenza e lo stato di Israele. "Vogliamo con questa azione oggi qui denunciare: l´attuale punizione collettiva che Israele infligge ai Palestinesi" affermano in un comunicato che riafferma gli obiettivi dell'iniziativa: autodeterminazione dei Palestinesi, fine dell´occupazione israeliana, pari diritti per tutti all´interno della storica Palestina, pieno diritto al ritorno per i rifugiati Palestinesi .Gli organizzatori della protesta hanno anche inviato una lettera urgente al sindaco di Vicenza, Variati (di centro-sinistra), chiedendogli di non collaborare con le istituzioni israeliane presenti alla Fiera. Per sabato è stata indetta una manifestazione nei pressi della Fiera, in piazza Matteotti.

Altre info su www.boicottaisraele.it
www.forumpalestina.org

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[Modena] Sabato 16 gennaio GIORNATA DI MOBILITAZIONE, LOTTA PER IL GUERNICA


Il 7 Gennaio è stato sgomberato lo Spazio Antagonista Occupato Guernica di Modena. Nonostante lo sgombero, il progetto Guernica prosegue. Sabato 16 gennaio giornata di mobilitazione per gli spazi sociali, per il diritto all'autogestione. Concentramento ore 16.00 Largo S.Eufemia Modena

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lunedì 11 gennaio 2010

TAV IN VAL DI SUSA SI TORNA AL 2005

Immagini della costruzione del nuovo presidio No Tav del 9 Gennaio, da Infoaut

TAV IN VAL DI SUSA SI TORNA AL 2005
Di Marco Cedolin

Poco più di 4 anni fa, l’8 dicembre 2005, decine di migliaia di valsusini ai quali si erano uniti altre migliaia di cittadini provenienti da tutta Italia, invasero pacificamente il cantiere di Venaus, mettendo di fatto fine allo scellerato progetto del TAV Torino - Lione, nonché a 40 giorni di militarizzazione dell’intera Val di Susa, ridotta alla stessa stregua di un paese occupato, con tanto di check point presidiati da guardie armate, da oltrepassare per andare a comprare il pane o in farmacia.

Durante questi 4 anni d’inciucio politico, meschine manovre portate avanti sottobanco, cancelli rigorosamente chiusi e rifiuto di qualsiasi forma di dialogo con i cittadini, il TAV reale e quello virtuale hanno compiuto entrambi la propria strada.

Il primo è defunto di fronte all’evidenza dei numeri e dell’osservazione oggettiva che lo hanno connotato come un’opera assolutamente inutile, inadeguata a rispondere alle esigenze dei viaggiatori e del territorio, priva di qualsiasi possibilità di conseguire un ritorno economico dell’enorme investimento. Fra Torino e Lione non esistono volumi apprezzabili di traffico passeggeri, i treni tradizionali che garantivano il collegamento diretto sono stati da tempo soppressi e perfino le poche corse dell’alta velocità francese Milano – Parigi che transitano dal capoluogo piemontese e dalla Valle di Susa continuano a ridursi e presto ne resterà una sola al giorno. Alla stessa stregua non esistono volumi di traffico merci (ammesso e non concesso che arrivi un giorno in cui le merci transiteranno insieme ai Frecciarossa sulle rotaie del TAV italiano) tali da giustificare un’opera di questo genere. E meno ancora esisteranno in propensione futura, dal momento che dal 2001 in poi il traffico merci sulla direttrice della Val di Susa è in costante e sensibile calo, non solo per quanto concerne la ferrovia, ma anche per quanto riguarda i mezzi pesanti in transito al valico del Frejus. Insomma se anche si volesse far finta di essere individui ottusi e dalla vista obnubilata, disposti a credere alla “favola” della ripresa economica si dovrebbe prendere atto del fatto che l’attuale ferrovia internazionale a doppio binario, oggi sfruttata intorno al 30% delle proprie potenzialità, sarebbe sufficiente per almeno un intero secolo di “prosperità” e florido aumento degli scambi commerciali.

Il secondo ha continuato a sopravvivere, animato di fittizia vita da una folta schiera di faccendieri politici rigorosamente bipartisan, speculatori finanziari, industriali abituati a costruire profitto tramite i sussidi statali e furfanti di ogni risma e colore che aspirano a ritagliarsi il proprio angolo di paradiso, suggendo come sempre il denaro dalle tasche del contribuente. E’ sopravvissuto allignando nel buio dei palazzi del potere, all’ombra di qualunque sguardo indiscreto.
Nelle infinite riunioni di un osservatorio fantasma, destituito di ogni fondamento ma deputato a veicolare in Europa la truffa del TAV condiviso dalla popolazione (quale e quando?) al fine di suggere anche lì danari in maniera fraudolenta. Nei proclami dei governi (Prodi e Berlusconi) avallati dal meschino lavoro di politicanti e tecnici compiacenti che hanno sfornato negli anni ipotesi di progetti e tracciati per i quali sarebbero stati presi a calci nel deretano dai propri professori di università quando la frequentavano. Nel lavorio meschino dei pennivendoli della “grande stampa” abituati a leccare la mano del padrone, anche quando questo significa produrre disinformazione di scarsa qualità, sempre ammesso che concetti come dignità e qualità alberghino ancora nell’animo di codesti scribacchini dai lauti stipendi e dalla bassissima professionalità.

Il TAV virtuale, quello immarcescibile poiché caratterizzato da profitti illeciti e denaro delle casse statali dispensato a pioggia, si appresta proprio in questi giorni a sbarcare nuovamente in Val di Susa, sotto forma di decine di sondaggi geognostici ufficialmente deputati alla stesura del nuovo tracciato, ma in realtà indispensabili alla consorteria del TAV solamente per “dimostrare” l’inizio dell’opera e garantirsi in questo modo i 671 milioni di euro del finanziamento europeo estorto attraverso l’uso della menzogna.

La campagna dei sondaggi dovrebbe iniziare domani, ma già ieri è arrivata ferma e decisa la risposta dei cittadini valsusini contrari all’opera, decisi ad opporsi pacificamente ma fisicamente all’inizio dei sondaggi. Proprio ieri infatti, nella zona dell’autoporto di Susa dove sono previsti due dei molti sondaggi, è stato “edificato” un nuovo presidio con lo scopo d’impedire quello che di fatto sarebbe l’inizio della costruzione del TAV Torino - Lione. I valsusini che si oppongono all’opera e in questi giorni sono stati dipinti dai mercenari della penna (vero Numa?) come antagonisti e professionisti della protesta, sono in realtà persone normali (padri di famiglia, studenti, donne, pensionati, ragazzini di ogni ceto e colore politico) che anziché protestare preferirebbero di gran lunga starsene al calduccio in casa propria. Se non fosse che loro, a differenza di chi non lo ha fatto anche se il suo mestiere lo avrebbe imposto, hanno studiato nel dettaglio il TAV reale, rendendosi conto che oltre ai problemi per la salute (amianto ed uranio) ed a quelli conseguenti alla devastazione di una valle alpina già infrastrutturizzata oltre ogni limite, si tratta di un’opera priva di alcun senso, sia dal punto di vista economico che da quello logistico. Hanno studiato, a differenza di chi, come Massimo Numa non è ancora uscito dall’asilo, e hanno deciso di opporsi fisicamente al TAV virtuale che vuole rubare loro il futuro. Anche se opporsi significherà probabilmente venire bastonati dalla polizia come accadde a Venaus nel 2005, venire insultati dallo scribacchino di turno, passare le notti al gelo senza altro calore che non sia quello umano. Ma opporsi fisicamente è non solo un diritto, bensì prima di tutto un dovere per chiunque abbia compreso la vera natura del TAV.

Nel 2005 scrissi “forse inizierà una storia diversa che parlerà di treni costruiti per essere utili alla qualità di vita dell’uomo e non di uomini sacrificati nel nome dei treni e della velocità”.
Purtroppo la storia non è cambiata e da domani probabilmente in una Val di Susa militarizzata il passato si ripeterà, come un incubo che ritorna e va scacciato una seconda volta, sperando che finalmente sia l’ultima.

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[Trezzano sul Naviglio (MI) 11/1/10] Maflow: gli operai occupano la fabbrica

Da Cub Video
Servizio di Silvia Tagliabue.
Questa notte i lavoratori della Maflow di Trezzano sul Naviglio, in provincia di Milano, hanno occupato la fabbrica e sono ora raccolti in presidio davanti ai cancelli e sul tetto finchè non verranno prese le decisioni necessarie per garantire un futuro all'azienda. L'FlmUniti CUB afferma la necessità di premere sul governo perchè vengano ripristinati immediatamente gli ordinativi del principale cliente della Maflow, la BMW, e perchè anche Fiat allarghi le sue commesse alla fabbrica del Milanese.
La Maflow è una multinazionale che produce tubi per il condizionamento delle vetture e che, a seguito di una gestione aziendale e finanziaria disastrosa, è finita in amministrazione controllata. In tutti questi mesi però i commissari del governo non sono stati in grado di rilanciare la produzione. Anzi, è notizia di settimana scorsa che la BMW ha deciso di rifornirsi presso un'azienda tedesca. Per i 330 lavoratori della Maflow, da due mesi in cassa integrazione, perdere un cliente come la BMW significa compromettere la possibilità che un nuovo imprenditore acquisti e rilanci l'azienda.
La FlmUniti CUB invita tutti i delegati e i lavoratori a portare la propria solidarietà e a sostenere la lotta degli operai in presidio alla Maflow, in via Boccaccio 1, a Trezzano sul Naviglio.

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domenica 10 gennaio 2010

[Roma 9/11/10] Scontri alla manifestazione di solidarietà con i migranti di Rosarno

Da Contropiano
Cariche e scontri al Sit in antirazzista contro i fatti di Rosarno

Tensione e scontri tra polizia ed esponenti delle associazioni antirazziste, centri sociali e immigrati al sit in di protesta convocato d'urgenza a Roma contro i fatti di Rosarno. «I fatti di Rosarno sono soltanto l'ennesimo segnale della grave condizione di disagio - scrivono gli organizzatori - e di mancanza di diritti dei cittadini immigrati in Italia. A pochi mesi dall'approvazione del pacchetto sicurezza, si determina sempre più concretamente un contesto sociale dove i più deboli, gli invisibili sono merce da sfruttare».Dopo essersi concentrati all'Esquilino, i manifestanti hanno tentato di dirigersi verso il Viminale per contestare le politiche razziste e repressive del ministro leghista Maroni. Respinti una prima volta, hanno forzato ancora il blocco per arrivare al ministero ma la polizia li ha caricati. Alla fine del presidio e degli scontri, molti manifestanti hanno improvvisato un corteo e si sono diretti verso piazza Vittorio che ha poi raggiunto poi piazzale Tiburtino dove si è concluso.

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sabato 9 gennaio 2010

Solidarietà con i migranti di Rosarno ! Stop mafia e razzismo !



Solidarietà con i migranti di Rosarno. Di seguito alcuni video sulla condizione dei migranti a Rosarno (precedenti agli episodi degli ultimi giorni) e comunicati dalla Rete.

Il racconto dell'incendio che, il 19 luglio 2009, ha distrutto l'ex cartiera di Rosarno, dove dormivano una trentina di immigrati, causando 4 feriti e distruggendo le poche proprietà e i documenti delle persone che qui vivevano. L'incendio è scoppiato a causa di un fornelletto da campo lasciato acceso.

Le immagini della rivolta: proteste, l'intervento delle forze dell'ordine Repubblica.it

Da Infoaut
08.01.2010
Dopo Castelvolturno, la rivolta di Rosarno
La condizione coloniale dentro i confini delle ex madripatrie. Superati i confini della fortezza Europa, i migranti scoprono l'altra faccia della medaglia dei conflitti e delle miserie dalle quali fuggono, odissee in casa propria che sono spesso il portato di quanto ha prodotto ed esportato l'Occidente con il colonialismo, specie in Africa, serbatoio soprattutto europeo di forza-lavoro a basso costo. Prospettive e realtà di subordinazione e sfruttamento si conservano anche al di la del fossato mediterraneo, sotto le licenze concesse da politiche migratorie criminali (nella loro applicazione di respingimento così come nella possibilità di ricatto padronale che queste conseguentemente consentono), nella demarcazione sociale ed etnica dentro la gerarchia interna al mercato del lavoro e della società (discrimine di classe e di razza che agisce contro un corpo migrante schiacciato in uno stato di assoluta precarietà e sfruttamento). Partiamo da questi presupposti per interfacciarci alla rivolta di Rosarno. Una furia rabbiosa espressa per le strade della città calabrese, soprattutto nel pomeriggio di ieri, sospinta dal protagonismo di migranti che ricalcano quanto ci avevano già detto, nel recente passato, la sommossa di Castelvolturno, le precedenti tensioni di Rosarno, per molti versi l'impeto esploso dopo l'omicidio di Abba a Milano. "Basta", "Non siamo animali", "Non ne possiamo più", "Non siamo bestie"; ma anche, ed è estremamente interessante cogliere e proporsi d'indagare: "Io mi sento italiano", dichiarazione/incipit del realtà espressa dall'insorgenza delle "nuove italianità".

Rabbiosa rivolta. Auto ribaltate e date alle fiamme, cassonetti divelti e usati come barricate, copertoni bruciati in mezzo alla strada. Rabbia spontanea dei centinaia di migranti ridotti a schiavi di Rosarno, nella piana di Gioia Tauro, fatta traboccare, e non originata perchè covata da tempo (vedi proteste del dicembre 2008 dopo il ferimento di 2 ragazzi africani da persone a bordo di un'auto dalla quale partirono colpi di kalashnikov) dinnanzi al persistere della sitiuazione di sfruttamento razzismo e povertà, dai colpi di fucile ad aria compressa che hanno colpito 2 migranti, esplosi ancora da un'auto transitata dinnanzi all'ex fabbrica occupata. In centinaia si sono riversati in strada, travolgendo tutto quel è nell'oltre confine della propria gabbia. Distruzione che chiede rispetto e dignità, che si esprime nella ribellione e nella conflittualità di soggettività migranti accomunate dal bisogno di condizioni di vita più dignitose, dalla rabbia per una realtà d'esistenza che li stritola. Segno di ciò arriva anche dai meccanismi di comunicazione e solidarietà con i quali è partita la sommossa: poco dopo l'uscita dall'ex Opera Sila dei giovani immigrati, si sono mobilitati anche quelli in occupazione dell'ex Rognetta. Bloccata la statale 18, riproduzione intelligente di una pratica che ha fatto scattare l'intervento di polizia e carabinieri in assetto anti-sommossa, che hanno caricato e sparato lacrimogeni, ricevendo sassaiole. 7 sono gli arresti eseguiti. Tensioni anche questa mattina a Rosarno, con i migranti che hanno percorso in corteo la statale 18, dopo averla chiusa con 2 blocchi stradali, arrivando fin sotto il comune in centinaia, scandendo slogan ed ottenendo di essere ricevuti dal commissario prefettizio, in quanto il Comune è stato sciolto nel 2008 per infiltrazioni mafiose. Impronta importante quest'ultimo passaggio, con il porsi come collettivo dinnanzi alla controparte data dalle istituzioni, esigendo di veder migliorata la loro vita. Torna quanto mai attuale l'interrogativo se e quanto anche la rivolta di Rosarno possa essere un sintomo dell'apertura di possibili fronti di lotta dei migranti, per i migranti, rintracciabile all'oggi nelle mobilitazioni dei profughi di Via Asti a Torino e in poche altre città, superando e scardinando, da una parte la sola testimonianza dei solidali italiani e dall'altra agendo come antitodo agli avvoltoi più o meno istituzionali che, molte e troppe volte, han plasmato e depotenziato mobilitazioni sul nascere.

Nel ghetto. I protagonisti della rivolta di Rosarno sono ghanesi, sudanesi, ivoriani, senegalesi, congolesi. Sono periodicamente e da anni gitani per le terre ricche del sud Italia, si spostano sotto il tempo delle stagioni delle raccolte di agrumi, ortaggi e frutta. Sottostanno al capolarato schiavistico della 'ndrangheta e dei moderni latifondisti, che richiede solo uomini, possibilmente robusti: al giorno recuperano 20 euro per anche 14 ore di lavoro nei campi, diffusa è la pratica del taglieggiamento (5 euro) che gli viene ritorta contro, abusando del loro status "clandestino" sul territorio italiano. Vivono in condizioni inumane in vecchie fabbriche abbandonate, ammassati a centinaia in condizioni inaccettabili. Nei dintorni di Rosarno ci sono 2 occupazioni, quella della Rognetta (ex ditta che produceva succo) e quella dell'Opera Sila (ex stabilimento che distillava olio calabrese).
Antimafia e politica. "Vi invito alla calma e vi assicuro che avrete adeguata protezione" pompiereggia il commissario prefettizio di Rosarno, Francesco Bagnato. Cerca di riportare la calma parlando con i migranti, promettendo come ricompensa caramelle di pessimo gusto e ambigui dispositivi di protezione: container dove poter dormire dopo il vostro bel lavoro massacrante ed un bel presidio di polizia davanti a controllarvi ancora meglio (...). La risposta alla fine dell'ingovernabilità generata dallo scontro è quella della governance democratica dell'esclusione sociale e dei conflitti in potenza... Nelle ultime ore si sono rincorse tante e inutili prese di posizione sui fatti di Rosarno, tirata in ballo la xenofobia e l'ndrangheta, l'immigrazione clandestina e lo Stato: del regime di sfruttamento che origina e consente la creazione di ghetti etnici nessuno ha parlato, della responsabilità dello Stato per politiche sull'immigrazione immonde e funzionali alla riproduzione dei circuiti criminali nessuno ha proferito parola. Veramente il ministro dell'interno Maroni pensa che chiudendo ancor più le frontiere, episodi come quelli di Rosarno non si ripeteranno? Non potrà che aumentare la precarietà e la ricattabilità per coloro che transiteranno lungo gli inarrestabili e naturali flussi migratori. Veramente il capo calabrese di Libera don Demasi pensa che con più Stato si spezzeranno le reni all'ndrangheta (legittimito "chiedersi" quanto lo Stato ha permesso e permette la riproduzione delle mafie...)? L'unica risposta che ha saputo dare lo Stato ai migranti della piana di Gioia Tauro è stata lo sgombero della Cartiera, altra ex fabbrica abbandonata che per anni ha ospitato la comunità africana. Verrebbe invece da chiedersi quanto esprimano un'anima realmente e genuinamente antimafia le sommosse di Rosarno e Castelvolturno piuttosto che l'opera delle multinazionali dell'antimafia, compromesse nella compatibilità sistemica di uno Stato che si vorrebbe governato dal tintinnio delle manette, conservando i privilegi e gli onori conquistati nel teatro del palazzo, sbattendosene delle questioni sociali quindi politiche, che sono all'origine di ogni problematica, reale, che s'affacci nel nostro tempo.
Il puzzo del razzismo. Nel guardare a Rosarso, alla rivolta dei giovani africani, si è obbligati anche a registrare quelle che sono state le reazioni dei cittadini di Rosarno. Giovani calabresi ieri sera ha cercato di attaccare le proteste, quest'oggi un rosarnese ha sparato colpi in aria per allontanare da sotto la sua abitazione i migranti in piazza, un centinaio di cittadini ha poi bloccato la statale 18, andando in corteo ad occupare il municipio, sotto il quale ci sono stati tafferugli con le forze dell'ordine nel tentativo di aggredire chi faceva ritorno nele fabbriche/dormitorio occupate. E nuove tensioni si sono presentate anche nello scorrere della giornata: 5 migranti sono stati investiti da auto in corsa, altri 2 sono stati gambizzati e altri 2 ancora presi a sprangate. Contraddizioni che esplodono nel vissuto quotidiano di territori spogli di tutto, insufficienti e manchevoli di ogni servizio sociale, contraddistinto da un tasso di disoccupazione (soprattutto giovanile) che vede l'11.45% di abitanti occupati, che trovano più facilmente la loro fonte di reddito nella manovalanza per le 'ndrine che altro. Prodotto anche di quanto seminato mediaticamente e politicamente con politiche razziste e xenofobe, individuando (anche e soprattutto) nel migrante un facile capro espiatorio sul quale scaricare le tensioni, dentro una cornice di produzione di discorso e provvedimenti securitari volti spesso ad alimentare guerre tra poveri, velando le reali problematiche che colpiscono le falde sociali e che costituiscono le vera insicurezza dell'oggi.

Da Contropiano
Furore a Rosarno. Scene di lotta di classe nell'Italia del XXI° Secolo

Il "riot" di Rosarno è, dopo quello di Castel Volturno, una delle più visibili rivolte dei lavoratori immigrati.avvenute in Italia. Le dinamiche della rivolta sono partite da una gratuita provocazione causata da alcuni abitanti locali di Rosarno che hanno iniziato a sparare contro un gruppo di immigrati. Questa è stata la scintilla che a provocato la rivolta. Il riot ha ricordato, non tanto nelle quantità ma nella qualità, le rivolte delle banlieu francesi o dei ghetti statunitensi, dove la rabbia si scaglia contro tutto, perché tutto è precluso, una macchina, una casa, un lavoro, una vita…Anche questa è una delle tante facce della crisi e dei suoi effetti nei nostri territori.
Ma chi sono questi immigrati di Rosarno? Stiamo parlando di lavoratori che come moderni wobbly lavorano tra le due coste italiane seguendo i flussi del lavoro agricolo di raccolta, dalla Puglia, alla Campania alla Calabria. Vivono accampati in capannoni fatiscenti e non hanno nessuna garanzia sociale e democratica. L’unico elemento identitario, auto-riconosciuto, che hanno è quello etnico e per alcuni religioso. Sono alla mercè di un padronato agricolo, spesso colluso con la malavita organizzata, che prospera su questo segmento, non sindacalizzato e dove non viene rispettato il benchè minimo diritto.
Le immagini che ci giungono da Rosarno pongono degli interrogativi importanti a tutti rispetto ai livelli di contraddizioni particolari mai vissute in Italia.
Che queste rivolte avvengano al Sud è un dato interessante, che dimostra il ritardo con cui si è analizzato le modifiche del territorio e delle diverse comunità urbane. L’immigrazione dei giovani scolarizzati del sud verso il nord produttivo e razzista, si somma ad un sud che vive anche grazie ad una nuova manodopera operaia immigrata, producendo dinamiche razziste per certi versi ancora più spietate che al nord. In quanto la concorrenza diventa ancora più stringente tra le fasce popolari.
I ritardi della sinistra sono molteplici, l’aver puntato esclusivamente sotto un aspetto umanistico-etico il problema immigrazione, porta a non cogliere le dinamiche di classe che si sono innestate, Per Lenin nel socialismo non c’era un grammo di etica, perché l’unità della classe si misurava nella sua utilità rispetto alla lotta di classe. Fintanto che non si dimostra perché è utile per un lavoratore italiano unirsi ad un lavoratore immigrato e viceversa, gli elementi identitari e razzisti avranno sicuramente la meglio.
Esiste inoltre un duplice problema: da una parte il trovarsi davanti un soggetto che è di fatto espulso dalla “civile democrazia” dall’altra la cronica mancanza di organizzazione e di strumenti sindacali di difesa. Finche non si avrà il coraggio di intervenire e provare a dare forma organizzata a questa rabbia, rivolte come quelle di Rosarno si susseguiranno e amplieranno i margini della guerra tra poveri.

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A seguire nuovi aggiornamenti

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giovedì 7 gennaio 2010

[Modena 7/1/10] Sgomberato il Guernica...IL PROGETTO NON FINISCE E NON TERMINA QUI

da Controinfo-Mo
SGOMBERATO IL GUERNICA

Modena- Sgomberato oggi lo spazio antagonista occupato guernica.
COSA SIGNIFICA CHIUDERE GUERNICA?

6000 partecipanti a iniziative ludiche e culturali;
3 laboratori in partenza a gennaio di cui il primo di fotografia già allestito;
7 iniziative culturali tra le quali un laboratorio di approfondimento sulla questione del potere;
8 concerti già programmati tra gennaio e febbraio;
1 palestra popolare da realizzarsi nel capannone retrostante lo spazio finora utilizzato, della quale comunque erano già iniziati i primi allenamenti e si ponevano le basi per i corsi di difesa personale.

Una straordinaria esperienza di autogestione, che ha dimostrato come questo metodo di sia funzionale alla aggregazione per divertirsi in base a delle scelte di valore, in cui ognuna ed ognuno vengono valorizzati per le persone che sono e non classificati in base ai soldi che hanno in tasca.

Una innovativa forma di associazionismo spontaneo, aperto ai contributi dei frequentatori e, potenzialmente, del quartiere.

Un luogo per gli studenti, i precari, i lavoratori delle più diverse categorie che lì imparavano a collaborare insieme per una esperienza di gioia e condivisione.

Un polo culturale per proporre momenti di riflessione critica utili alla crescita politica e sociale del contesto cittadino tutto.
Questo era, è e sarà il GUERNICA, perché non ci fermeremo.

Abbiamo visto direttamente l'interesse che la nostra proposta suscita, perché sono migliaia i nostri concittadini che non si sono spaventati per il freddo di questo periodo e sono venuti in un luogo senza riscaldamento, ma gestito in modo volontario e gratuito, partecipato e autogestito. Forse proprio grazie a quel calore umano che si chiama passione per costruire il futuro!
Questo spazio, grazie allo sgombero poliziesco voluto dai nostri governanti, è ora lasciato in stato di abbandono senza nessuna funzione se non quella di riportare degrado nel quartiere.
L'autogestione, con o senza beneplaciti da parte dei politici locali, è la palestra per la responsabilità sociale, la strada per comprendere come il bene comune si eserciti come sforzo collettivo verso un obiettivo condiviso: questo è stato, è e sarà il Guernica!

Una canzone di De Andrè, poco ascoltata durante le celebrazioni di questo cantautore ribelle, la “Canzone del Maggio” che era quello del '68, recitava:

voi non potete fermare il vento, gli fate solo perdere tempo
voi non potete fermare il vento, gli fate solo perdere tempo!

Dunque l'appuntamento con il Guernica è solo rimandato ...

IL PROGETTO NON FINISCE E NON TERMINA QUI!

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